“Il fatto che Biscardi sia iscritto al Pci dimostra che nel nostro partito c'è posto per tutti.”
Settimana dopo settimana il "Corriere" ci propone la rubrica di Alberoni: l'unico articolo, nella storia del giornalismo, che abbia incartato l'insalata prima ancora di essere dato alle stampe.
“Un’umanità sfinita e transennata cercherà di protrarre oltre ogni logicolimite il proprio potere. Ho qualche probabilità di farne parte, se tengo in ordine le mie arterie, la smetto di bere e fumare, evito i formaggi. Ma potrò fare tai chi in un parco, insieme ad altri cadaveri animati come me, senza che un cecchino del Fronte di Liberazione Giovanile, appostato su un tetto, mi centri in piena fronte?”
“Aprendo gli scuri, chi prima chi dopo, vedendo le stellesfumare e un radioso sereno svelarsi, ci aveva preso l’euforia, e da una stanza all’altra ci si dava voce che era ora di cominciare.”
“Come raccogliere da terra, e piegare, i tuoi vestiti buttati ovunque, quelle felpe che paiono indossate da un corpo fatto di soli gomiti, bozzute anche nelle parti che non hanno ragione di esserlo, e per giunta farcite della maglietta che sfili in un solo colpo insieme a qualunque indumento sovrastante. La parte superiore del tuo vestiario è tutt’una, un multistrato che si compone vestendosi ma non si divide svestendosi. Calzini sporchi ovunque, a migliaia. A milioni. Appallottolati, e in virtù del pesomodesto e dell’ingombro limitato, non tutti per terra. Alcuni anche su ripiani e mensole, come palloncini che un gasmisterioso ha fatto librare in ogni angolo di casa.”
“Ho visto tutto quello che non ho più da tempo, né riavrò mai più. La giovinezza può essereeterna, ho pensato. Purché si accetti che non ci appartiene più. Che passa oltre, come l’acqua di un fiume. Solo perché la giovinezza è quella degli altri noi dobbiamo odiarla?”
“Vivi sdraiato.”
“Bastava l’avvento della notte, con tutte quelle stelle in festa, le luci delle barche sul mare, il crepitio e il puzzo delle zanzare e delle falene folgorate dalla graticola azzurrastra sospesa al muro del terrazzo, a cancellare ogni malinconia, a restituirmi all’interminabilefelicità dell’estate.”
“Quando basterebbe un nonnulla per chiudere il cerchio, tu lo lasci aperto. Sei un perfezionista della negligenza.”
“Oggi ti sei svegliato nello stesso momento in cui si sveglia tutta la città. Quando il concertoumano (il rombo del traffico, il clangore delle serrande, il battere dei passi) sale sempre più forte. Quando la gente va a lavorare, i bambini a scuola, tutto sembra fresco e nuovo, e tutti sembrano partecipi dello stesso ritmo, membri della stessa comunità. Peccato che la città sia Anchorage.”
In cucina il lavello è pieno di piatti sporchi. Macchie di sugo ormai calcinate dal succedersi delle cotture chiazzano i fornelli. Questa è la norma, l’eccezione (che varia, in festosa sequenza) è una padella carbonizzata, o il colapasta monco di un manico, o una pirofila con maccheroni avanzati che produce le sue muffe proprio sul ripiano davanti al frigo: un passo ancora e avrebbe trovato salvezza, ma la tua maestria nell’assecondare l’entropia del mondo sta esattamente in questo minimo, quasi impercettibile scarto tra il “fatto” e il “non fatto”.
“Quasi radiosa, in questo quadro bisunto e tendente allo scuro, è l’aureola candida che sta sotto la macchina del caffè. È fatta di zucchero. Deve sembrarti lezioso centrare con il cucchiaino la circonferenza della tazzina, e dunque spargi virilmente il tuo zucchero con il gesto largo e brusco del seminatore. Levando poi la tazzina, rimane al centro un piccolo cerchio intonso, e intorno un anello di zucchero. Mi ci sono affezionato, quasi come le formiche che a volte, in disciplinata fila, vengono a pascolare sul tuo astro involontario.”
“Ognuno è destinato a diventare il Grande Fratello di se stesso, sorvegliare filmare fotografare riprodurre ogni proprio gesto, ogni proprio sospiro, ovviamente ogni vestito e ogni accessorio, modellarsi autisticamente giorno dopo giorno senza che il cozzo con gli altri lo deformi, lo scomponga, lo confonda, lo innamori, insomma lo alteri, lo riconsegni al caso e alla natura, alla gloriosa confusione della vita?”
Torno in terrazza. La scena, cinematograficamente inquadrata, sarebbe questa: in una giornata di speciale magnificenza degli elementi, di quelle che fecero dire a Benedetto Spinoza “Deus sive natura”, un adulto contempla il mare da una terrazza, appoggiato al muro esterno di un appartamento. Dall’altra parte del muro, lontana mezzo metro appena, nel soggiorno dell’appartamento, una ragazzina guarda la televisione.
Che probabilità di successo ha la Soluzione Finale in corso d’opera, quella che prevede la trasformazione degli esseri umani in Scemi Totali (e dunque consumatori ideali e sudditi ossequiosi) attraverso il narcisismo di massa? La narcisizzazione dell’umanità ha punti di crisi? È un processo reversibile? Esiste il momento nel quale Paffy di Baranzate scende dalla Twingo e dice: “Scusate, andate avanti voi, non so perché ma mi è passata la voglia”?