“Nel matrimonio c’è poco moto, c’è vita sedentaria e perciò 'marito' significa in terra e in cielo svogliato, inappetente.”
“Come raccogliere da terra, e piegare, i tuoi vestiti buttati ovunque, quelle felpe che paiono indossate da un corpo fatto di soli gomiti, bozzute anche nelle parti che non hanno ragione di esserlo, e per giunta farcite della maglietta che sfili in un solo colpo insieme a qualunque indumento sovrastante. La parte superiore del tuo vestiario è tutt’una, un multistrato che si compone vestendosi ma non si divide svestendosi. Calzini sporchi ovunque, a migliaia. A milioni. Appallottolati, e in virtù del pesomodesto e dell’ingombro limitato, non tutti per terra. Alcuni anche su ripiani e mensole, come palloncini che un gasmisterioso ha fatto librare in ogni angolo di casa.”
“Quando basterebbe un nonnulla per chiudere il cerchio, tu lo lasci aperto. Sei un perfezionista della negligenza.”
In cucina il lavello è pieno di piatti sporchi. Macchie di sugo ormai calcinate dal succedersi delle cotture chiazzano i fornelli. Questa è la norma, l’eccezione (che varia, in festosa sequenza) è una padella carbonizzata, o il colapasta monco di un manico, o una pirofila con maccheroni avanzati che produce le sue muffe proprio sul ripiano davanti al frigo: un passo ancora e avrebbe trovato salvezza, ma la tua maestria nell’assecondare l’entropia del mondo sta esattamente in questo minimo, quasi impercettibile scarto tra il “fatto” e il “non fatto”.
“Appendere un asciugamano all’appendiasciugamani è un’attività che deve risultarti incomprensibile, come tutte quelle azioni che comportano la chiusura del cerchio. Come richiudere un cassetto, o l’anta di un armadio, dopo averli aperti.”
“Il brivido (inedito nei secoli) di una relativa libertà, possibile che debba generare solo sciatteria e malessere, pigrizia e malumore, e non, anche, la condivisione di un sollievo, quello di avere finalmente abbattuto, tutti insieme, quel totem inumano, feroce, castrante che è l’Assoluto?”